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La scomparsa del dialetto istrorumeno

Alle falde del Monte Maggiore in Istria da secoli abitavano gli istrorumeni una popolazione in continua estinzione, almeno per quanto riguarda la lingua. Specialmente con i matrimoni misti e con l'abbandono del territorio originario il loro numero è diminuito di molto ed ora si calcola che l'istrorumeno intorno alla località di Šušnjevica viene ancora parlato da circa 200 persone. Così secondo una regola linguistica per cui una lingua muore quando non viene più parlata da nessuno, nel caso dell'istrorumeno ci si avvicinerà alla fine con la morte dei più anziani che ancora lo parlano.

Altrettanto in Istria abbiamo la sorte dell'istrioto di Rovigno, Dignano, Valle, Fasana, Gallesano, Sissano; quell'istroromanzo antico che si è venezianizzato (italianizzato); i loro parlanti hanno desistito pian piano di parlarlo a favore dell'istroveneto.

Ritornando all'istrorumeno questo muore per logica ed è sentito in una decina di villaggi o frazioni. La sua variante vive ancora nella parte settentrionale delle falde del Monte Maggiore, nella Cicciaria nella località di Žejane a nord-occidente di Fiume ed a sud nella già citata località di Šušnjevica, a Nova Vas, a Jasenovik, a Letaj ai margini della Vallata di Čepić, nel Comune di Chersano vicino ad Albona. I parlanti del settentrione nella compatta zona di Žejane, un centinaio sono inclusi nella comunità dei Žejanci zvončari dedicandosi al loro folclore ed amanti delle tradizioni istrorumene. Più a meridione vivono quasi senza amore per la loro cultura di minoranza linguistica e risentono di un certo abbandono.

La storiografia ufficiale li vede discendenti dei Valacchi e vengono citati in Istria intorno al XII sec. quali allevatori di bestiame, mentre gli attuali valacchi istrorumeni sono venuti dall'interno della Dalmazia a causa della peste e malaria. Vengono da sempre chiamati Valacchi o Ciribiri, dal rumeno cire-bire che significa tieni duro. I Valacchi erano dei lavoratori forti dei porti, braccianti, e tra loro parlavano tale dialetto. Parlano di solito il croato, ma tra loro quando giocano a carte e bocce usano piuttosto il dialetto istrorumeno. Qualcuno racconta: "Quando siamo andati a scuola non sapevamo una parola di croato. Quando mi sono sposato la moglie era di Pisino e non comprendeva quasi niente il valacco, la figlia poi nulla assolutamente. Era colpevole la moglie? E vedete la lingua decade con la sparizione del patriarcato, poi la scuola non ha fatto nulla, nemmeno introdotta un'ora di istrorumeno e quindi tutto è finito. L'istrorumeno viene parlato dai più anziani, mio nonno a 81 anni parla l'istrorumeno i suoi fratelli sono morti, io alle volte parlo ancora tre lingue: il croato, l'istrorumeno e l'italiano. In questa casa dove sono nato c'è ancora barba Miro, ma sua figlia che studia a Lubiana non parla l'istrorumeno, ma lo capisce."

Invito lo zio a suonare con la fisarmonica qualche canzone rumena, prende la triestina e preferisce suonare qualche canzone italiana. A Rozzo, dove ogni anno si tiene il raduno dei fisarmonicisti, nessuno comprende il rumeno. Ecco, concludo dopo questo scorcio di vita sotto il Monte Maggiore; ma ciò ci fa riflettere come è possibile che una lingua muore. Riflettiamo anche noi parlanti l'istroveneto che pian piano viene parlato sempre meno.

Elio Musizza

July 1, 2007
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